Casa di Kaede Rukawa

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view post Posted on 24/9/2011, 14:03
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...Non è tanto chi sei quanto quello che fai che ti qualifica...

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Say Goodbye


Pochi giorni dopo l'incontro con Kasai e Reki.

Mi trovavo nel campetto di casa mia ad esercitarmi negli scivolamenti laterali difensivi.

"Scivola, scivola, scivola."

Mi ripetevo in continuazione dentro la testa, poi arrivato a bordo campo toccavo la linea laterale e partivo di nuovo con gli scivolamenti.

Non unire quei piedi fannullone e dritto con quella schiena se no anche quest'anno ti batteranno tutti.

Era mio padre che osservava i miei allenamenti dalla veranda e come al solito, non gli andava mai bene quello che facevo. Mi fermai sorridendo poi mi girai verso di lui e dissi.

Mi sembra che anche tu abbia qualche difficoltà ultimamente, sarà forse la vecchiaia??."

La faccia di papà diventò completamente rossa, sembrava una caldaia, gli usciva il vapore dalle orecchie.

Preparati, vediamo se fai ancora lo sbruffone.

Papà saltò la ringhiera di legno della veranda e atterrò a pochi passi dal campetto. Si scrocchiò le dita e si allaccio bene la scarpa sinistra, portava già le sue scarpe da basket, sapeva benissimo che ero un provocatore, quindi quando tornava in casa le indossava immediatamente. Erano tre anni che aveva smesso di giocare a livello professionistico, ora faceva il procuratore per molti giocatori famosi ed organizzava eventi con il campionato americano nel quale aveva giocato. Raccolse la palla che era fuori dal campo e dissi.

Forza tira per la palla.

Mentre la palla era ancora in aria, scattai verso la linea da tre, afferrai la palla con la mano sinistra, poi la strinsi forte con entrambe, sentì la pelle della palla da basket sotto il palmo della mia mano, usa sensazione che mi faceva venire i brividi tutte le volte. Appoggiai il piede destro, poi il sinistro mentre mi giravo a canestro e piegavo le gambe. Mio padre aveva già la faccia disperata, si era pentito d'avermi fatto tirare per primo. Saltai, distesi il braccio destro con la spalla a 45° gradi e "spezzai" il polso.
Il rumore successivo fu solo quello della retina in metallo che si muoveva dopo che la palla era entrata nel canestro. Atterrai dolcemente sul cemento del campetto, mi girai verso mio padre e piegando il braccio sinistro con la mano stretta a pugno dissi.

Palla mia!!! Vediamo se riesci a fermarmi.

Sorrisi e aspettai che mio padre raccogliesse la palla da sotto il canestro per poi cominciare a giocare, sapevo già che saremmo rimasti li fino a notte fonda.

 
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